Antichità Romana


L’Antichità romana


Nell’antichità italica preromana, il Comune di Petrella Salto faceva parte del territorio abitato dagli Equicoli, i quali occupavano una vasta regione che comprendeva, oltre alla Valle del Salto, la valle del Turano e l’alta valle dell’Aniene. Essendo il nostro lavoro limitato al territorio petrellano, non abbiamo ritenuto opportuno addentrarci in tutta quella vasta problematica sugli Equi e sulla loro Storia.
Certo è, sia per le ricerche di vari studiosi, sia per le epigrafi ritrovate nel territorio, che l’insediamento equicolo più importante rientrante nei nostri limiti, fu Cliternia Secondo il Martelli, l’insediamento doveva trovarsi nei pressi di Capradosso ma a noi su questa affermazione sorge un dubbio che, forse, altri riusciranno meglio a chiarire, magari dopo ricerche e scavi approfonditi.
La maggior parte delle epigrafi e dei resti romani di Cliternia, sono stati, invece, rinvenuti quasi tutti nell’ormai diruta chiesa pievana di S. Giovanni Battista, in territorio di Staffoli e nei pressi di Petrella Salto.
Ora, in tale chiesa, tra le altre lapidi si trovava, fino a qualche tempo fa, un maestoso cippo funerario di cui avremo modo di parlare più innanzi. Tale cippo pesa intorno ai quindici quintali ed è stato assai difficoltoso per i mezzi moderni chiamati dal Comune di Petrella Salto a salvarlo da sicura rovina, dato che esso era sprofondato nel terreno all’interno dell’edificio sacro, pertanto, con molta difficoltà, si sarebbe potuto trasportare per vie mulattiere ed a semplice mano d’uomo, in un periodo che, sicuramente avrebbe dovuto seguire la rovina di Cliternia e la nascita e l’affermazione del Cristianesimo.
Pertanto, l’ubicazione di Cliternia potrebbe essere stata nel raggio di un territorio che va dall’attuale Casale Cianetti, fino all’attuale cimitero di Capradosso, dove, peraltro, è emerso qualche resto antico e, vista l’imponenza e la concentrazione delle lapidi presso la chiesa di San Giovanni, nelle campagne di Staffoli e Cerreta. Ma, comunque, l’ipotesi andrebbe verificata con studi e scavi condotti anche con l’aiuto di moderne tecnologie.
In mancanza di queste ricerche, ogni ipotesi è destinata a restare tale. Comunque, se sul sito e la consistenza dell’insediamento di Cliternia, regna il buio più assoluto, privo di qualsiasi certezza, solo poche fonti citano il suo nome, senza peraltro dirci molto. Di esso parla Cicerone nella IX epistula ad familiares.
Il territorio equicolo, e con esso Cliternia, fu sicuramente assoggettato alla dominazione romana nel 304 a.C. Cliternia sopravvisse alla conquista ed ancora nel secondo secolo dopo Cristo dovette essere ancora fiorente, come attesta l’epigrafe murata nel campanile di S. Andrea in Capradosso.
Infatti, nell’epigrafe si parla delle cinque decurie istituite da Caligola e, pertanto, essa dovette essere stata incisa sotto il regno di quell’imperatore o di qualche suo successore, fino a Marco Aurelio e non dopo, soprattutto perchè nell’epigrafe stessa si fa riferimento al titolo di consolare, che fu abolito, appunto dal penultimo imperatore della dinastia degli Antonini.
A questo punto sorge naturale un quesito sulla storia della stessa Cliternia. Quando e per quali cause scomparve questo insediamento urbano?
Il Lugini avanza l’ipotesi di una sua distruzione nel corso delle invasioni barbariche. Lo Staffa, invece, fissa la sua attenzione sul terremoto disastroso che nel 364 d.C.rovinò gran parte dell’Italia.
In realtà, a parte eventi traumatici come invasioni o terremoti, certamente nella decadenza dei centri equicoli dovette entrare in modo determinante quel fenomeno di decadenza delle città avviatosi a causa dell’espansione dei latifondi nell’ultimo periodo dell’Impero.
Comunque, in questo contesto, non si hanno che poche fonti storiche atte ad illuminare le ricerche, fino a quando ritrovamenti di una certa entità non verranno a far luce sulla cortina di oscurità che avvolge quel periodo storico.
Ma la scarsità di documenti può essere ovviata, nel nostro caso, dal molti reperti e dalle numerose epigrafi di cui si ha notizia, molte delle quali, purtroppo, scomparse.
Di Cliternia, infatti, si hanno numerosi resti che vanno da Petrella a Capradosso, quasi ad indicare un’area entro la quale il centro urbano basso equicolo venne a svilupparsi ed a prosperare.
Nel territorio comunale di Petrella Salto, infatti, molti e di un certo interesse sono i ritrovamenti documentati.
Di questi, che vanno dall’ormai scomparsa chiesa di S. Martino in Broilo nei pressi di Petrella fino a Capradosso parla ampiamente il Lugini.
Sono quanto resta di un insediamento che nella zona, in epoca repubblicana, ebbe una certa importanza che, se non eguaglia quella di "Nersae" o del "Vicus Neversiae". in comune di Pescorocchiano, certamente fu notevole tenuto conto anche della povertà demografica che da sempre ha caratterizzato l’intero territorio.
Comunque, Cliternia ed il territorio del Comune attuale di Petrella, doveva essere ben collegato dalle vie Cecilia e Litinia (o Latina), l’una che lo allacciava alla Salaria e l’altra che lo legava a Rieti.
Resti di una via romana sono, infatti, documentati sia a valle di Capradosso sia presso la citata chiesa di San Giovanni, sia nei pressi del Casale Cianetti.
Legata all’economia silvo pastorale della zona, la stessa Cliternia dovette risentire della decadenza propria di tutti i centri urbani dei Basso Impero.
Condizionata anch’essa dall’estendersi dei latifondi, non fu più in grado di esercitare la sua funzione di guida e di punto di riferimento nella bassa Valle del Salto.
Un eventuale fatto traumatico, come il terremoto o una distruzione militare, di cui abbiamo fatto cenno sopra, non fu, forse, che l’episodio culminante di una decadenza progressiva, un evento che si inserì come punto conclusivo in una parabola discendente già avviata. Infatti, se un centro urbano ha una funzione vitale, anche se distrutto, risorge, magari divenendo, dopo le iniziali difficoltà dello sforzo della rinascita, più vitale di prima e ciò è provato da decine di casi, che vanno dai più noti di Cartagine e di Corinto, ad altri più modesti ma ugualmente indicativi di una costante storico-geografica.
Restano, comunque, nel nostro caso, molti quesiti senza risposta che sono sia di carattere storico che geografico. Tra questi permane quello della diffusione del Cristianesimo a Cliternia e nell’area di sua influenza. Anche in questo caso, le risposte sempre ipotetiche, possono essere tante e varie, ma nessuna riesce a trovare punti certi di appoggio, dal momento che, anche in questo caso reperti e documenti sono inesistenti.
Dell’antico insediamento non restano ne memorie ne tradizioni antiche: solo nella fantasia popolare si è formata una tradizione, nata, però solo dopo gli studi e le ipotesi del Martelli, acriticamente riprese da altri, che idealizza la stessa Cliternia, facendola divenire una città estesa addirittura più della Roma classica, se e vero che alcune donne di Capradosso, da noi intervistate sul problema anni fa, ce la descrissero estendentesi dagli attuali Casali Antonetti, fino quasi ai confini con il Comune di Cittaducale.
La realtà è, invece, che il "Municipium" di Cliternia non dovette essere più esteso dei centri incastellati che, nei secoli, ne furono eredi, mentre di essa se non fosse stato per gli studi avviati dal secolo scorso ad oggi, non sarebbe restata neppure la memoria. Eppure di tanto in tanto, a parte i citati imponenti reperti concentrati nella chiesa di S. Giovanni, molti dei quali purtroppo finiti in case private e scomparsi, di essa affiorano materiali riutilizzati in altri edifici, per altre emergenze oppure divenuti simboli cari a molti centri.
Serva ad esempio, la pietra del portale della Basilica di S. Maria della Petrella, con il suo fregio a foglie di acanto, di gusto tipicamente classico, oppure il magnifico leone della porta di Capradosso, che, benché rovinato e reso levigato dall’uso improprio di sedile che se ne fa ordinariamente, é talmente caro alla tradizione locale, che la popolazione anni fa, fu contraria ad una più decente e dignitosa collocazione nella piazza del centro stesso a soli pochi metri dall’attuale sito.
E grande merito va alla Pro Loco di Petrella Salto, che, dopo il salvataggio operato dal Comune del cippo sepolcrale di C. Arrunzio Sabino, di cui abbiamo accennato, che, esposto a furti e ad atti vandalici, impediti solo dal suo peso, é stato dalla stessa Associazione, posto in un angolo del muro esterno del trecentesco Palazzo Baronale di Porta Orientale a Petrella Salto, alla vista ed alla fruizione di tutti, quasi ad indicare, grazie anche alla presenza in quel sito di altre emergenze storiche ed artistiche, l’unità di un processo storico del territorio che continua nel tempo, facendo tesoro di ogni periodo e di ogni aspetto della crescita dell’umanità della regione, che si proietta nel futuro ricca del suo passato.



(Testi tratti da "Petrella Salto e la sua Storia" di Henny Romanin).